L’arte di fermarsi

Come formiche laboriose, gli italiani non sanno stare fermi

 Lunedì 24 febbraio 2020, tramite ordinanze regionali e ulteriori ordinanze comunali e decreti legge, sono state chiuse tutte le scuole e i principali luoghi di aggregazione delle masse in molte regioni del Nord; molti datori di lavoro hanno invitato i propri dipendenti a lavorare da casa. Motivazione addotta: rallentare il propagarsi del virus polmonare Covid-19. Per la cosiddetta “zona rossa” si sono imposti ulteriori provvedimenti restrittivi dei movimenti. I media hanno immediatamente messo in luce una situazione che forse tutti noi ci aspettavamo, ma che comunque ci pare sorprendente: gli italiani non sanno attendere, alcuni imprenditori non si vergognano di confermare la loro nomea di avari e alla fine a tutti noi non dispiace poi così tanto incontrare il nostro prossimo. 

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Già il primo giorno dell’entrata in vigore dei provvedimenti, sui giornali aleggiava l’idea che bisognasse verificare la tenuta del sistema e che bisognasse reagire. Il martedì già si titolava che non ce la si faceva più e che era ora di riprendere la vita normale. Poi cominciano le critiche alla Regione Lombardia, troppo severa, e al governo, che non pensa ai conti. Dopo una settimana, si cominciava già a immaginare una ripresa, soprattutto a Milano, e invece niente: chiusure quasi del tutto confermate. Ecco però che vedo molti luoghi di aggregazione fare un coprifuoco a modo loro: biblioteche parzialmente aperte, uffici che rinunciano al fantomatico “smart working” e università che annunciano “e-learning”, didattica a distanza, ma che nei fatti non la applicano e rimangono chiuse, sperando che le lezioni riprendano presto. I bar, dopo le 18, sono rimasti chiusi solo per la prima settimana; dalla seconda settimana si impone solamente il servizio al tavolo. Se ci fosse un paese in cui la psicosi del Covid-19 non fosse arrivata e venisse in Italia un inviato di un loro giornale, sarebbe imbarazzato a scrivere di noi. Titolone: “Come formiche laboriose, gli italiani non sanno stare fermi”

 

 

Poi la situazione è precipitata; prima l’Italia è diventata “zona protetta”, poi l’11 marzo, sul fare della notte, il presidente del Consiglio annuncia una chiusura quasi totale dell’Italia. Nonostante divieti piuttosto stringenti, le cronache riportano di cittadini che cercano di eludere i controlli e che non hanno la minima intenzione di ridurre i contatti. Ma comincia a cambiare l’aria anche nei circoli degli imprenditori e degli industriali: se prima si chiedeva a gran voce un rilancio, ora tutti vogliono chiudere per ripartire il più presto possibile. Insomma, un’altalena di opinioni e di contraddizioni che fanno del male alle economie e alle psicologie della gente. 

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Che l’uomo fosse animale sociale, è nozione conquistata molto tempo fa; che il nord Italia fosse zona di instancabili lavoratori lo sapevamo già. Bisogna però cambiare rotta. Nel nuovo mondo che avremo davanti agli occhi e che sarà la nostra casa per il futuro, non potremmo essere così anarchici e indomabili, e ce ne dovremo fare una ragione. C’è la possibilità che avremo ancora a che fare con situazioni simili a questa tali da non poter liberamente uscire di casa e andare a lavorare o a lezione in università. Non sarà sostenibile che la nostra economia sia così fragile e che basti una settimana di stop per farla crollare. Abbiamo i mezzi e non li sappiamo sfruttare: il lavoro a distanza e la didattica digitale necessitano di tecnologie che già possediamo; è la mentalità giusta che ci manca. 

Durante la sospensione delle attività non dobbiamo mettere a rischio gli altri andando a lavorare se ci consigliano di non farlo e non dobbiamo neanche perdere il nostro tempo nell’attesa che tutto rientri nella normalità. Dobbiamo imparare a seguire le regole e a usare il buon senso; dobbiamo ingegnarci a trovare soluzioni alternative e a entrare nell’ordine di idee giuste: non siamo piccoli insetti che si mettono in fila ordinata per andare a lavorare, ma siamo esseri intelligenti in grado di sospendere le nostre attività se necessario, cercando in ogni modo di sfruttare le tecnologie che possediamo per rendere fruttuoso il nostro tempo. 

Per tutti noi piccole formiche laboriose, ecco un possibile antidoto contro la fretta.