Morandi e Bartolini: due incisori a confronto 

Giorgio Morandi e Luigi Bartolini costituiscono un fiore all’occhiello della grafica italiana del Novecento, due grandi amici nella vita e nell’arte, opposti e complementari. Il loro lavoro, soprattutto acquaforti, si concentra tra le due guerre, periodo in cui l’incisione inizia ad essere considerata una forma d’arte autonoma. 

 

Luigi Bartolini

Bartolini studia a Siena, Firenze e poi Roma, conosce i lavori di Rembrandt, Goya e Fattori.
Sono scene quotidiane le sue, scene quasi abbozzate sulla lastra di metallo. Un segno veloce, attento a cogliere i dettagli fondamentali e l’atmosfera di una giornata e di un momento preciso, come accade in Ricordo di passeggiata. 
Un abbozzo di pura emozione, come se l’artista lavorasse su un taccuino. Le composizioni sono buone per resa e soprattutto per l’attenzione alla luce del momento che, con un gesto immediato viene immortalata sulla matrice in modo definitivo. 
Di lui si finisce per amare la capacità di trasferire un colpo d’occhio e un sentimento dalla realtà alla matrice calcografica, un uomo controcorrente nella vita come nell’arte e grafica. 

Bartolini, Ricordo di passeggiata, acquaforte, 1932

Uno studio dimesso e solitario, in cui emerge l’idea della povertà dei soggetti colti dal vero incisi spesso en plein air, non sempre, ma spesso. La personalità irrequieta restituisce lastre realizzate di getto con segni poco controllati. 
Le suggestioni arrivano dall’estero e dall’espressionismo tedesco ma, diversamente da questi che stampavano in maniera sistematica per farsi conoscere da pubblico, dei soggetti di Bartolini spesso si conosce una sola stampa. Non molto conosciuto dai contemporanei le sue opere arrivano al pubblico solo nel 1962 con la prima mostra a Roma dedicata a lui.

 

Bartolini, Modelle in attesa di posare, 1933

 

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Giorgio Morandi

Dall’altra parte, ma proprio dalla parte opposta, troviamo Giorgio Morandi che dopo aver seguito la corrente metafisica inaugurata da De Chirico, intraprende una ricerca personale, lontana da qualsiasi altra espressione artistica.
L’opera incisoria è parallela a quella pittorica, in entrambe, l’autore manifesta una predilezione e amore per la fisicità degli oggetti quotidiani che sempre rimarrà nelle sue opere. 
Morandi ha la capacità di trasfigurare paesaggi e nature morte mentre la figura umana non compare mai, a differenza di Bartolini affascinato dalla relazione tra movimento delle figure e spazio.

I soggetti di Morandi sono, invece, immobili e congelati congela preferendo morsure piane: i segni vengono aggiunti solo negli stati successivi, dopo la stampa. Il segno è perciò sempre dosato, pensato, attento già nella fase del disegno. 
La serie di bottiglie e scodelle è molto simile ai soggetti pittorici, personificazioni con cui quasi l’autore sembra dialogare intimamente. Come nei dipinti anche nelle acquaforti la polvere diventa essenziale per la definizione tonale. 

L’artista è tutto nella lastra incisa, con pochi accorgimenti in fase di stampa. Come Bartolini, infatti, Morandi non si preoccupa della pulizia del foglio così che anche schizzi d’inchiostro, sbavature e impronte lasciate dallo stesso artista diventano parte stessa della stampa. Questa, che potrebbe sembrare una dimenticanza entra nella poetica di Morandi, uomo schivo e solitario, per rappresentare il suo mondo interiore. 

Morandi, natura morta, 1930

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Anche nella serie dei Paesaggi della città Bologna e dintorni, i soggetti sono ripetuti fino all’ esaurimento della fantasia: le colline, la sua città con case e covoni sono i luoghi dell’anima. 
Non c’è una soluzione di continuità tra interni e la realizzazione en plan air: spesso i disegni vengono schizzati e poi ripresi in studio con una tecnica minuziosa e paziente.  
L’influenza delle esperienze francesi è innegabile ma non abbiamo i dettagli arborei minuti. Con lui invece si ha una natura non osservata in modo analitico ma rappresentata attraverso masse plastiche in cui si distinguono le case dal fondo e le colline si confondono con il cielo.

Come per Bartolini, anche per Morandi è l’ambiente circostante a determinare e imporre il segno e il linguaggio.  Questo aspetto è per Morandi intimamente legato al mistero della luce, tema costante nelle sue opere, che lo porta a variazioni infinite sia nella pittura che nella grafica. 
Quando Morandi parla del fatto che «non c’è niente di più astratto del mondo visibile» esprime il suo tentativo di rendere il mondo interiore in un orizzonte da scoprire e indagare. 

 

Morandi, veduta di Bologna, 1929

 

Due artisti insomma opposti e complementari: allo sperimentatore sempre irrequieto Bartolini, si contrappone il misurato e attento Morandi. Alle figure schizzate, quasi abbozzate del primo, si contrappongono le nature morte silenziose e immobili trasfigurate del secondo. Entrambi, però, attenti alla luce, al segno e al linguaggio incisorio che acquisisce con loro autonomia.