Per un’esplorazione delle opere di Zola 

Quando al liceo si arriva al capitolo sul naturalismo francese, spesso si cade in cliché e incomprensioni. 

Il più grande rischio che si corre quando si spiega questo speciale momento della narrativa europea è quello di dar troppo credito a ciò che i teorici e gli stessi autori scrivono nei loro trattati e nelle prefazioni. Spesso infatti, il dibatto pubblico intorno a queste opere era così animato che le giustificazioni rischiavano di offuscare la qualità eminentemente letteraria dei romanzi. In questo articolo cercheremo brevemente di ipotizzare una passeggiata letteraria fra le opere di Zola, per indirizzare il lettore a un assaggio in prima persona del naturalismo. 

Alcune opere di Zola tradotte in italiano da cui partire (o a alle quali approdare)

Qualunque manuale scolastico di letteratura italiana tratta del Naturalismo francese. I manuali più aperti a una visione europea della letteratura italiana trattano di questo periodo come merita, cioè come momento di sperimentazione e trionfo della forma romanzo; quelli più focalizzati sulla nostra penisola, trattano del naturalismo solo strumentalmente, come fosse solamente l’antesignano del Verismo italiano. Terminato lo studio manualistico, la strategia migliore per capire cosa sia il naturalismo è partire dalla lettura di autore. Io sono partito da Zola, con Nanà (1880). 

A dirla tutta, avevo già letto un romanzo di Zola, Therese Raquin (1867), che non fa parte del ciclo dei Rougon – Macquart (l’imponente ciclo, che l’autore definisce Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero). L’ho apprezzato soprattutto per la tensione crescente che lo caratterizza. Infatti, lo si potrebbe considerare tanto una prova giovanile e acerba di naturalismo quanto un romanzo psicologico. Ma la tensione sensuale e la bramosia che caratterizza le psicologie dei personaggi lo rendono un banco di prova per i successivi romanzi. Sebbene la critica contemporanea lo consideri un romanzo minore rispetto al ciclo dei Rougon – Macquart, mi sento di consigliarlo al pubblico contemporaneo: ci si stupirà nel notare come certe scene delle più amate serie TV non muovano da presupposti così diversi da quelli dai quali muoveva Zola. Ovviamente la maestria del romanziere conferisce fascino all’intreccio misterioso quasi come un thriller che avrebbe potuto scrivere Patricia Highsmith. 

 

Leggi anche:   Pensieri di un lettore di giornali qualunque

 

Con Nanà (1880) pensavo che avrei trovato il miglior Zola. I gusti sono soggettivi, ma credo si possa affermare che la moltitudine di personaggi che affollano il romanzo renda la lettura un po’ dispersiva. Il naturalismo qui è applicato piuttosto fedelmente: le descrizioni degli ambienti (prevalentemente salotti, ma anche un evento sportivo) sono uno dei migliori esempi di descrizioni naturalistiche di contesti borghesi. 

Ma Nanà è anche anche il romanzo del teatro, quello del varietà da quattro soldi, a cui si andava per mostrarsi e per guardare le attrici che, a volte – e Nanà ne è un esempio – non erano nemmeno tanto votate alla professione. Il teatro è descritto in ogni andito e in ogni camerino, perché qui Zola si concentra molto sul cicaleccio prodotto da personalità leggere e votate a una vita al di sopra delle proprie possibilità. 

Probabilmente il pubblico di oggi potrebbe far fatica a comprendere la lettura che un uomo, Zola, ha fatto del mondo femminile della cocotte Nanà, colta nella sua irresistibile bellezza e naturalezza quasi rozza. È tutto un moto di bramosia a spingere tanto Nanà quanto i suoi uomini. La sua bramosia è sensuale, ma rimane insoddisfatta; il desiderio di denaro non porta mai a uno stile di vita durevole. La vita di Nanà è fatta di alti e bassi e proverà amore solo saltuariamente per il figlio e per quell’unico giovane uomo che la amerà davvero, George. 

Manet, Nana, 1877, olio su tela

 

L’assomoir (1877)

Il romanzo cardine della produzione di Zola è senza dubbio L’assomoir, tradotto in Italia anche con il titolo Lo scannatoio o L’ammazzatoio. Non è solo il romanzo che desidero consigliare, ma in particolare l’edizione a cura di Pierluigi Pellini per Mondadori. Gli scogli che un traduttore del romanzo deve affrontare sono innumerevoli, ma primo fra tutti è la lingua. Gli operai dei sobborghi parigini protagonisti di questo romanzo parlano la lingua che effettivamente parlavano i ceti operai dell’epoca, un francese dialettale – un argot – complesso e intessuto di forme idiomatiche e colorite. Le espressioni scurrili sono piuttosto frequenti (ma lo erano anche in Nanà) e i nomi sono spesso parlanti. L’impresa della traduzione, che qui non risulta un tradimento, è riuscita alla perfezione: ne risulta un dettato che cerca in tutti i modi di evidenziare i tratti del parlato senza mai cadere in forme aberranti o in in forme di dialetti italiani che condurrebbero a esiti grotteschi. 

 



Anche se si ignorassero tutte le note esplicative che arricchiscono il testo e anche se ci si disinteressasse dei problemi linguistici, questo romanzo risulterebbe senza dubbio un capolavoro della letteratura mondiale, anche grazie alla traduzione. 

Decine potrebbero essere i motivi da addurre, ma mi limiterei a suggerirne alcuni. Emerge la complessità dei personaggi, una manciata ma perfettamente delineati. Gervaise e Lantier si traferiscono a Parigi, ma il loro matrimonio va a rotoli fin dalle prime pagine; lei allora si risposa con Coupou, dal quale avrà Anna, cioè la Nanà del romanzo. Credo di aver apprezzato particolarmente il testo proprio, perché ho letto prima il romanzo che in realtà l’autore ha pensato come successivo. Di contorno abbiamo tutto il vicinato, gli amici e i parenti. La chiarezza con cui sono delineati i personaggi non ritornerà nel successivo Nanà. È come se l’esperimento naturalista riuscisse meglio quando l’autore si concentra su un singolo personaggio. Non ci si faccia ingannare dal titolo L’assomoir, che è il soprannome dato a una bettola che produce un’acquavite che miete vittime fra gli alcolisti: la vera protagonista è Gervaise, la madre di Nanà, una donna che combatterà fino alla fine del romanzo e della sua vita per non soccombere all’alcolismo, ma che non riuscirà mai ad emanciparsi dalle sue origini. 

Leggi anche:   Ferrara fra realtà e letteratura

Una mappa delle opere di Zola tradotte in italiano 

Zola ha scritto una considerevole quantità di opere, e sicuramente torneremo a parlare di naturalismo francese sull’Elefante in salotto. 

Nel frattempo provo a elencare una serie di romanzi (nessuna pretesa di esaustività) di Zola disponibili in italiano nei cataloghi degli editori. Non bisogna dimenticare che molte opere non incluse in questo elenco sono ormai fuori catalogo, ma possono essere reperite sul mercato dell’usato. 

  • Thérèse Raquin
  • La fortuna dei Rougon 
  • Il ventre di Parigi 
  • L’assomoir 
  • Nanà 
  • Al paradiso delle signore 
  • Germinale 
  • La bestia umana 
  • Il denaro