Atene: ritratti di città

Atene è una capitale d’Europa in cui è facile perdersi nei rivoli della storia. Come accade anche a Roma, la stratificazione archeologica si riflette su una stratificazione urbanistica: il turista, quindi, rischia di perdere la visione storica d’insieme fra gli scorci variegati. In questo articolo cerchiamo di toccare alcuni punti fondamentali della storia della città, con lo scopo di incuriosire il lettore.

 

Atene città colorata

Il biancore accecante dei reperti e delle strutture antiche è solo un accidente della storia. È una sorta di metaforico memento: anche le apparentemente incrollabili strutture antiche scoloriscono. Come si sa, gli edifici antichi di Atene, le sculture e in generale le superfici che oggi vediamo spoglie e bianche erano in realtà colorate. Per il visitatore contemporaneo, però, è molto difficile immaginare quale dovesse essere il loro aspetto. Per immaginare la città di Atene, durante la Guerra del Peloponneso, teniamo conto di alcuni dati: aveva una popolazione di 150 000 abitanti e 100 000 schiavi. Complessivamente vanno aggiunte circa ulteriori 40 000 unità fra cavalieri e altre forze. Atene aveva una popolazione paragonabile all’incirca a quella di Trieste o Padova.

 

 

Proseguendo con questo ritratto, bisogna ricordare che i fiumi Eridano e Illisso, oggi sotterranei, scorrevano in superfice. Nell’agorà, il celeberrimo centro fisico e ideale della democrazia, vennero piantati dei platani, a fare ombra. Intorno alla città si erigevano steli di pietra con iscritte le deliberazioni dell’assemblea democratica. Il Partenone, ma in generale ogni edificio pubblico della città, era decorato con colori sgargianti, spesso a sfondo blu.

 

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Atene come culla della democrazia

La definizione di Atene come “culla della democrazia” è così inflazionata da perdere valore. Cerchiamo di ricordare qualche momento storico che possa giustificare quest’affermazione.
Atene, come tutte le città greche, ha un suo mito eziologico, cioè sulle origini della città: Atena, la dea della saggezza, e Poseidone, dio del mare, si sarebbero contesi la città; Atene avrebbe vinto e sarebbe stata ospitata nella sua dimora, l’Acropoli.
Le fonti ci ricordano alcuni momenti fondamentali del percorso verso la democrazia. Solone varò alcune leggi nel 564/593 a.C. che allargavano la base del potere. Nel 479 a.C., l’impero persiano venne sconfitto e una serie di possibilità si offrirono alla città, nel suo apogeo culturale ed economico.

Nell’Agorà, fra il VI e il V secolo a.C. si teneva il mercato, dove, fra spezie e ortaggi, si vendevano anche gli schiavi. Durante le cerimonie pubbliche e i misteri eleusini, anche le donne erano chiamate a presentarsi in una veste pubblica: cinte di ghirlande di alloro e tralci di vite, trasportavano torce accese per rendere onore al divenire delle stagioni. In greco antico esiste il termine thorubos a indicare il cicaleccio, fatto di discussioni su temi pubblici, che si poteva sentire nei consigli e nelle strade della città. Per farci un’idea di come si discutesse nell’Atene classica, possiamo leggere i celebri dialoghi platonici.

 

 

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Il Partenone

Cinquecento anni dopo Pericle, Plutarco ebbe a dire che il Partenone sembrava nuovo e appena costruito. Considerato l’apice della cultura greca, è la cittadella che dominava e domina Atene, nonostante i rivolgimenti della storia. Venne costruito per sostituire un antico tempio dedicato alla dea Atena distrutto dall’invasione persiana del 480 a.C. È costruito in marmo bianco del monte Pentelico, che si trova a metà strada fra Atene e Maratona.
Il tempio venne dedicato ad Atena Vergine (questa è la traduzione di Parthenos). Lo scultore Fidia diresse la realizzazione delle statue; gli architetti Iktinos e Cllicrate si occuparono del progetto architettonico. La decorazione unisce elementi del nuovo stile Ionico in una struttura di stampo dorico.
La storia dell’edificio non termina con l’età classica. Durante il VI secolo divenne una chiesa cristiana; nel 1458 gli ottomani conquistarono la città e trasformarono il Partenone in moschea. Nel 1678 i Veneziani attaccarono la città e danneggiarono la struttura. Nell’Ottocento, Thomas Bruce conte di Elgin, ambasciatore di Costantinopoli, portò molte delle sculture a Londra. Questi marmi, ora al British Musem, vengono definiti Elgin Marbles.