Enzo Mari in mostra alla Triennale di Milano


«Nel periodo in cui collaboravo con Boeri cenavo spesso a casa sua insieme agli esponenti di una generazione di architetti e designer d’avanguardia: da Andrea Branzi ad Achille Castiglioni, da Cini Boeri a Vico Magistretti, da Alessandro Mendini a Ettore Sottsass, da Nanda Vigo a, naturalmente, Enzo Mari. […] Mari è un designer industriale, un disegnatore di mobili, un progettista di mostre, un artista, un autore di manifesti, un polemista celebre per le sue sfuriate contro il mondo del design.» (Hans Ulrich Obrist)

 

Enzo Mari

 

Riapre il 16 febbraio la mostra su Enzo Mari curata da Hans Ulrich Obrist e Francesca Giacomelli, alla Triennale di Milano, dopo le lunghe settimane di chiusura a causa del Covid. 
La fila che si crea prima ancora dell’apertura fa presagire il grande interesse ma nasconde anche il velato timore di nuove chiusure. 

La mostra è una retrospettiva che include 60 anni di lavoro di una delle personalità più affascinanti del design italiano il cui linguaggio e pensiero risultano sempre molto attuali. La mostra vuole essere anche un omaggio al designer morto da poco, a 88 anni, nonché un’ampia riflessione sul suo lavoro. 

 

L’attualità del lavoro di Mari 

La mostra è stata aperta il 27 ottobre e, tra le varie chiusure, il pensiero di Mari risulta nitido e attuale. Lorenza Baroncelli, direttore artistico della Triennale di Milano, ricorda in un intervento all’interno del catalogo della mostra un’intervista di Mari registrata con Stefano Boeri a Venezia nel 2002: 

«Guarda fuori dalla finestra e se ciò che vedi ti piace, allora non c’è ragione di fare nuovi progetti. Se invece ci sono cose che ti riempiono di orrore al punto da farti venire voglia di uccidere i responsabili, allora esistono buone ragioni per un progetto»

In queste parole suona chiara l’idea che Mari ha del design e, più in generale, della progettazione di un oggetto che è per lui un contributo critico alla creazione del futuro. 

«il design ha qualcosa in comune con l’utopia. Quando lavoro, ancora oggi, non cerco di creare oggetti stupidamente necessari; voglio creare modelli per una società diversa, per un modo diverso di produrre e di vivere.»

 

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La visita 

Il corpus di opere presentato, che si articola in 60 anni di lavoro, nasce dal lascito di Enzo Mari delle proprie opere al Comune di Milano. 
I suoi lavori si rivelano essere la sua «Wunderkammer intellettuale» caratterizzata da una varietà di materiali e progetti raccolti in Rivoluzioni programmate ordinate cronologicamente. Esse rivelano la moltitudine di passioni e ricerche dell’autore che i curatori hanno cercato di riprodurre fedelmente nella struttura dell’esposizione.

 

Dopo l’iniziale esposizione della Falce e Martello, la mostra si apre con le indagini sull’ambiguità percettiva con riflessioni, tra pittura, appunti e disegni su forma, modulo e colore. I materiali sono quelli esposti alla mostra L’arte del design alla GAM (Galleria civica d’arte moderna e contemporanea) di Torino tra il 2008 e 2009. Queste opere vengono presentate nella stessa sequenza originaria e costituiscono la prima parte della mostra. 

Il secondo percorso viene creato parallelamente ed è costantemente raggiungibile. Qui vengono presentati diciannove progetti che costituiscono le Piattaforme di Ricerca con temi e riflessioni differenti espressi tramite schizzi, modelli e disegni tecnici. Questa parte della mostra è pensata per creare non solo un’ampia panoramica sui progetti dell’autore ma anche incuriosire l’osservatore e spingerlo a una ricerca personale.

 

Vodun: African voodoo

 

Al centro della sala è presente un gruppo di sculture voodoo pensato nel 2011 per la fondazione Cartier con l’allestimento a Parigi Vodun: African voodoo, che è stata la prima grande mostra dedicata interamente a questa tradizione scultorea dell’Africa occidentale. 

«Secondo gli abitanti, le sculture bocio interagiscono con l’energia delle divinità e diventano gli intermediari tra il mondo visibile e quello spirituale. Queste statue sono i guardiani delle case che vengono collocate accanto alle porte.»

Mari ha ricostruito così idea universale di una casa attraverso otto porte in un allestimento semplice e sobrio che sottolinea l’aspetto misterioso delle sculture. 

Questa affascinante installazione separa gli spazi espositivi. Dalle prime indagini sull’ambiguità percettiva, si passa ai lavori sulla produzione sperimentale con proposte per la lavorazione a mano di oggetti in porcellana, vetro e ferro tra cui compare il celeberrimo Vassoio Putrella che testimonia la classicità delle forme di Mari. 
La semplicità di forme diventa ancora più evidente con la Serie della Natura in cui la varietà possibile della forma è ricondotta all’essenzialità. Queste opere aprono l’orizzonte di un Enzo Mari grafico fino ad arrivare alle copertine per le collane di libri. 
Come accade nella produzione di tanti designer del suo tempo, anche il gioco trova un posto nella sua ricerca con libri e giochi per bambini. 

 

 

Dall’altra parte ci sono invece le Proposte per l’Autoprogettazione, in cui Mari pensa non a oggetti necessari, ma a modelli di un modo di produrre diverso nel quale l’osservatore entra a far parte del processo produttivo. 
Tra le ultime opere esposte c’è l’Allegoria della morte che testimonia la caduta delle tre ideologie nel Novecento: religioni monoteiste, falce martello, nazismo. 
Concludono la mostra le interviste fatte all’autore in cui emerge maggiormente la sua dimensione retorica. 

 

 

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Podcast 

In occasione della mostra, Triennale Milano ha prodotto una serie podcast che vuole espandere il percorso di ricerca sviluppato attraverso l’esposizione e il catalogo. Il podcast è stato affidato all’autrice e critica di design Alice Rawsthorn, in collaborazione con Hans Ulrich Obrist. Questo racconta Enzo Mari attraverso le voci delle persone che lo hanno conosciuto e che si sono ispirate al suo lavoro.

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