Giovanni Anselmo: energie, forze e azioni

Giovanni Anselmo è uno dei maggiori esponenti dell’Arte Povera, espressione artistica italiana sviluppatasi nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento.
Il lavoro di Anselmo si basa sull’esplorazione dei processi di trasformazione della materia e sull’indagine delle sue proprietà fisiche, mettendo in atto situazioni di energia.
Utilizzando materiali semplici, e spesso organici, vuole rappresentare concetti universali.

Le sue opere d’arte mettono in scena una forza in cui la forma è effetto di un’azione fisica. Anselmo vuole porre l’attenzione sulla contemplazione delle invisibili forze che caratterizzano il cosmo, espresse attraverso momenti di sospensione volti a mostrare l’energia in atto e le sue potenzialità.
Alla base di ogni sua opera c’è un’azione, spesso legata all’intervento dell’artista e l’azione è frutto dell’energia trattenuta ed espressa dalle opere.

“Io, il mondo, le cose, la vita, siamo delle situazioni di energia ed il punto è proprio di non cristallizzare tali situazioni, bensì di mantenerle aperte e vive in funzione del nostro vivere.
Poiché ad ogni modo di pensare o di essere deve corrispondere un modo di agire, i miei lavori sono veramente la fisicizzazione della forza di un’azione, dell’energia di una situazione o di un evento, ecc., non l’esperienza di ciò a livello di annotazione o di segno o di natura morta soltanto.
È necessario, per esempio, che l’energia di una torsione viva con la sua vera forza, non vivrebbe certo con la sola sua forma.
(…)Per me è necessario lavorare in questo modo perché non so di altri sistemi per essere nel vivo della realtà, che, nei miei lavori appunto, diventa una estensione del mio vivere, del mio pensare, del mio agire.”

(G.Anselmo)

Leggi anche:   Marina Abramović: "Walk Through Walls. A Memoir"

 

Torsione

Torsione (1969) è un’opera composta da una barra cilindrica in ferro intorno alla quale è avvolto un tessuto di fustagno. La barra viene ruotata dall’artista fino ad ottenere la massima torsione possibile del tessuto ed è appoggiata al muro in modo da evitare il movimento di ritorno.
La tensione creata dalla torsione è accumulata e restituita attraverso la reale spinta di ritorno esercitata dalla sbarra di ferro. L’opera diventa la manifestazione dell’energia «intesa come tensione e gravità, forza invisibile in procinto di sprigionarsi e che perdura nel tempo».
Torsione viene presentata per la prima volta alla Galleria Sperone di Torino nel 1969 durante la mostra personale dell’artista.

 

Anselmo, Torsione, 1968

 

Esistono diverse versioni di quest’opera presentate in contesti cruciali per l’affermazione dell’Arte Povera. Il primo esemplare realizzato (1968) presenta alcune diversità: il panno di fustagno è inglobato da una parte nel cemento e dall’altra avvolto attorno alla barra. «Se il cemento agisce come un’ancora che trattiene la pelle, la barra di ferro, pieno e pesante, trasmette la percezione di peso e gravità».
Tutta l’opera è per Anselmo un gesto, un’azione. «La scultura non giace soltanto sotto il peso della barra, ma grazie alla torsione esercita una spinta contro il limite imposto dal muro: la barra contiene il tessuto che cerca di svolgersi, i pesi e le forze sono coinvolti in reciproca relazione».

Si ha quindi la rappresentazione di una forza in atto, una forza fisica in rapporto con lo spazio, una riflessione sul sé in relazione al finito e infinito. L’opera non è importante solo per l’energia caratterizzata dalla tensione, ma anche per la sua potenzialità energetica,che sottolinea il limite dello spazio caratterizzato dal muro e ricorda che Anselmo indica che nel suo lavoro nulla è virtuale o soltanto puramente conoscitivo.

 

Leggi anche:   Aix en Provence: l’atelier di Cézanne 

 

Mentre la terra si orienta

 “Il lavoro inizia laddove esso è, e finisce dove sono i campi magnetici terrestri, il centro della Terra ecc., che a loro volta mi rimandano ad altri poli o centri dell’universo. Non mi interessa in modo particolare indicare il nord, è l’ago piuttosto che si dispone costantemente in quel senso perché sente l’influenza dei campi magnetici terrestri”

(G. Anselmo)

 

Nel 1967 Anselmo realizza Direzione, punto di partenza fondamentale per molte opere che seguiranno. L’opera, esposta presso la Gam di Torino quello stesso anno, consiste in un prisma a base triangolare rivestito di formica nera nella cui parte superiore è inserita una bussola. Grazie all’ago magnetico, la struttura è capace di auto-determinare il proprio orientamento nello spazio. Così facendo, si crea un forte legame tra materia ed energia in cui i campi magnetici e la forza gravitazionale terrestre vengono resi visibili attraverso l’arte.

All’interno di queste riflessioni si colloca anche Mentre la terra si orienta.
Il titolo è la descrizione del processo di istallazione dell’opera: la terra viene passata al setaccio e, mentre cade, si orienta secondo il campo magnetico. Essenziale nei lavori di Anselmo è l’espressione di fenomeni fisici ed energetici che regolano il cosmo, in un legame tra finito e infinito, visibile e invisibile.
Si crea, quindi, una forma irregolare frutto dell’andamento casuale del gesto dell’artista.

 

Anselmo, Mentre la terra si orienta e Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, Castello di Rivoli, 2016, foto Renato Ghiazza

Spesso Mentre la terra si orienta è esposta insieme a Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, con la quale si relaziona in maniera stringente. I massi, sopra i quali l’osservatore è invitato a salire per avvicinarsi al cielo, vengono posizionati a ridosso della terra, sparsi come in una costellazione. Lo spazio espositivo diventa così un campo di forze e accadimenti che collega il contingente con l’estensione infinita dello spazio cosmico.
Nell’epoca delle esplorazioni spaziali e della scoperta di uno spazio infinito, Anselmo indaga le forze e tensioni della materia, i campi magnetici, per fare esperienza di una nuova relazione tra il sé e il mondo.

 

Leggi anche:   Laura Di Fazio: uno sguardo sull'incisione di oggi

 

Struttura che mangia

Nel 1969 Anselmo presenta un’opera ironica che riassume bene alcune delle tematiche principali del suo lavoro: Struttura che mangia.

“Una lastra di granito è tenuta sospesa, mediante un filo di rame, a un pilastro anch’esso di granito. Fra pilastro e lastra si trova, pressata, una lattuga. Questa, dopo breve tempo, appassisce e bisogna sostituirla, altrimenti la lastra, per il diminuito volume del vegetale, cadrebbe”.

(Ammann)

 

Anselmo, Senza Titolo (Struttura che mangia), 1968, foto di Giorgio Mussa

 

Il titolo dell’opera è interessante in quanto non si tratta di una vera propria scultura, bensì di una struttura caratterizzata da un elemento principale in granito che ricorda le forme neutrali monolitiche minimaliste. A questo però viene aggiunto un elemento organico che diventa il cuore dell’opera e ne determina la vita. L’opera vuole anche essere una riflessione sullo spirito del momento che si esprime tra la solidità della pietra e la deperibilità del cespo di insalata.
Un’opera che ogni giorno può essere ricreata presentandosi come sempre nuova e fresca, appena realizzata, e al contempo presentando sempre una forma leggermente diversa dettata dall’elemento naturale dell’insalata.

 

Per conoscere meglio le opere di Giovanni Anselmo